lunedì 22 settembre 2008

I precari sono in crescita...questa non è proprio una bella cosa!

Precari, il governo dell'Unione ha fatto cilecca: e a dirlo non è un'indagine del sindacato o dell'opposizione, ma uno studio commissionato dallo stesso ministero del Lavoro alla Unioncamere-Excelsior. Indagine annuale che il ministro del Lavoro Cesare Damiano ha citato spesso nel corso dei suoi passati interventi: l'obiettivo dichiarato infatti è quello di «rivoltarne» i risultati, drammatici negli ultimi anni, per riportarli in positivo. L'indagine Excelsior è condotta su centomila imprese italiane che ogni anno forniscono le previsioni sulle nuove assunzioni. Dunque non riguarda il totale degli occupati (quello si ha dai rapporti Istat), ma i cosiddetti «flussi», cioè le nuove assunzioni: per la cronaca, quest'anno si prevedono 83 mila posti di lavoro in più (839 mila assunzioni contro 756 mila uscite preventivate)
Ebbene: da un po' di anni le nuove assunzioni a tempo indeterminato sono in costante calo, dai vertici del 2001 (quando rappresentavano ben il 60% del totale delle assunzioni), fino al famoso «giro di boa» del 2005, quando hanno raggiunto la parità con i contratti precari (50% e 50%). L'anno scorso, poi (ma era ancora un evidente effetto della legge 30 e delle politiche del governo Berlusconi), l'ulteriore crollo: le assunzioni a tempo indeterminato sono ormai al 46,3%, contro quelle «non standard» che hanno decisamente consolidato la maggioranza (53,7%). E quest'anno?Quest'anno va ancora peggio, il trend negativo cioè non si è invertito ma anzi ha continuato la sua corsa, e se non si farà qualcosa presto il precariato potrebbe anche toccare il 60% delle nuove assunzioni.
Vediamo i dati: i contratti a tempo indeterminato, come detto, sono passati dal 46,3% dal 2006 al 45,4%, mentre il complesso dei contratti precari si ingrossa, dal 53,7% al 54,6%. E' vero, d'altra parte, che il peggioramento è rallentato rispetto al 2004. Infatti particolarmente notevole (vedi tabella sotto) è il passaggio dal 2004 (58,4% tempi indeterminati) al 2005 (50%): ben 8 punti in meno, proprio nel primo anno dell'entrata in vigore della legge 30 (approvata tra metà e fine 2003). E sempre forte, ma di 4 punti, il passaggio 2005-2006: dal 50% al 46,3%. Nel 2007 si scende «solo» di un ulteriore 0,9%. Di pari passo sono saliti (li diamo scomposti) i contratti precari: il tempo determinato (dal 29,2% del 2004, è via via passato al 37,8%, al 41,1 e al 42,6), così l'apprendistato (dall'8,1 al 9,6, al 9,1 e di nuovo al 9,6 l'anno scorso).
Fuori dai numeri, c'è un problema di valutazione delle politiche dell'Unione: è chiaro che per il momento l'attesa inversione di tendenza non si è manifestata, e si presume che il ministero del Lavoro - che non ha commentato i dati, e li ha presentati in assoluto silenzio mediatico, senza battage pubblicitario - attenda di avere cifre meno impietose almeno nel 2008. «Non fiori ma opere di bene», ripete spesso Damiano per difendere «una politica di gradualità e riformismo», dove la parola d'ordine è «non abolire la legge 30, ma modificarla», e vantando i graduali «successi» raggiunti.

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